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La cascata del Rio Antermont nel basalto colonnare

Il basalto è una comunissima roccia vulcanica presente in molte aree della Val di Fassa. Estesi affioramenti si trovano nella parte alta della Val Duron e della Val di Dona, in tutto il gruppo del Buffaure e lungo il versante vallivo in destra orografica del torrente Avisio da Canazei al Passo Fedaia. Frammenti isolati e modesti affioramenti di rocce basaltiche si possono trovare un po' ovunque nel territorio della valle, anche nei luoghi più inaspettati. Essi si ricollegano ai tantissimi filoni magmatici che si irradiano dai centri eruttivi di Predazzo e dei Monzoni attraversando tutte le formazioni rocciose deposte fino al Triassico medio.
Ma alcuni basalti che affiorano nella zona di Mortic hanno caratteristiche molto particolari e sono chiamati per questo basalti colonnari.




La cascata del rio Antermon in località Pian de Frataces si sviluppa su un gradino di roccia basaltica che presenta una particolare fessurazione. Le fratture sono dovute alle tensioni interne provocate dalla contrazione di volume dell'ammasso roccioso successiva al consolidamento di una colata lavica o di una massa magmatica intrusiva. Questo processo fisico, conseguenza del rapido raffreddamento, causa comunemente una fratturazione pervasiva che è caratteristica di tutte le rocce magmatiche. Solo molto raramente produce quell'effetto suggestivo e spettacolare che prende il nome di fessurazione colonnare. Per questa ragione il sito di Canazei è considerato bene ambientale soggetto a tutela da parte della Provincia Autonoma di Trento. Il più famoso e imponente affioramento di basalto colonnare si trova in Irlanda del Nord ed è conosciuto come 'Selciato del gigante'.

Vedremo ora di descrivere le caratteristiche generali di queste rocce e comprendere le ragioni della particolare conformazione che assumono in questo specifico contesto.

Le rocce indicate con il termine generico di basalti hanno un'origine magmatica effusiva e sono tipicamente di colore scuro. Pur essendo praticamente nere su frattura fresca, normalmente tendono verso una colorazione grigio-verdastra dovuta alla patina di alterazione superficiale che le ricopre quando rimangono a lungo esposte agli agenti atmosferici. Sono inoltre caratterizzate da una determinata tessitura, composizione mineralogica e formulazione chimica che possono però variare entro certi limiti. Ad occhio nudo, meglio ancora con l'aiuto di una lente, si possono determinare la tessitura e approssimativamente anche la composizione mineralogica. Il dettaglio della composizione chimica necessita invece di complesse analisi di laboratorio.




La tessitura descrive l'insieme delle caratteristiche geometriche date dalla dimensione e dalla posizione reciproca dei singoli componenti della roccia. Di solito sono presenti dei fenocristalli e una componente microcristallina o vetrosa. I primi sono individui cristallini abbastanza grandi per poter riconoscere a vista la loro appartenenza a un gruppo o specie mineralogica (feno- significa visibile, che appare), la seconda ha sempre l'aspetto di una massa indistinta e relativamente omogenea. Se il nostro basalto è a grana fine, compatto, senza difformità evidenti poiché contiene solo microliti e vetro, la sua tessitura viene detta afanitica. Quando si osservano invece fenocristalli dalla forma più o meno regolare immersi in una pasta di fondo microcristallina si parla di tessitura porfirica. Un terzo tipo di tessitura impossibile da osservare nel basalto consiste in un aggregazione di macrocristalli incastrati gli uni negli altri (tessitura olocristallina) ed è tipica delle rocce magmatiche intrusive che solidificano molto lentamente all'interno della crosta terrestre. Le rocce che posseggono questa struttura granulare vengono definite appunto rocce granitiche.

Le rocce vulcaniche, quelle cioè derivate da effusioni di lava in superficie o in ambiente marino, e le rocce subvulcaniche, solidificate a modesta profondità nel sottosuolo, subiscono un raffreddamento molto rapido che ostacola fino a impedire la formazione dei cristalli. Da dove provengono perciò i fenocristalli che osserviamo al loro interno? La spiegazione è molto semplice: oltre alla fase fluida il magma possiede di solito anche una fase solida più o meno abbondante costituita da cristalli nucleati precocemente e accresciutisi in profondità a temperature elevate. Nel momento in cui tutta la massa solidifica anche questi diventano componenti della roccia mantenendo le caratteristiche acquisite in precedenza.




Riguardo alla composizione mineralogica e chimica tutti i basalti sono relativamente poveri di silice (rocce basiche o iposiliciche) e sono ricchi invece di ferro e magnesio, gli elementi responsabili della colorazione scura. Perciò sarà molto difficile se non impossibile trovare nel basalto cristalli di quarzo (SiO2) come nelle rocce granitiche o nel cosiddetto porfido. Il minerale più abbondante è pur sempre però un feldspato, cioè un allumino-silicato: il plagioclasio. Si tratta in realtà di una serie isomorfa (stessa forma) di minerali simili presenti in percentuale variabile e compresi tra il termine estremo sodico (albite - Na[AlSi3O8]) e quello calcico (anortite - Ca[Al2Si2O8]). L'elemento calcio è abbondante nel basalto vero e proprio, mentre andesite e latite contengono anche una percentuale significativa di sodio o potassio. Tutte e tre queste varietà vengono genericamente definite basalti e non sono distinguibili tra di loro senza un analisi approfondita. Altri minerali tipici dei basalti sono i pirosseni, soprattutto l'augite - (Ca,Mg,Fe'',Fe''',Ti,Al)2[(Si,Al)2O6], un pirosseno ricco di ferro, di colore nero e con la forma di un prisma tozzo a base ottagonale o quadrata, in genere ben definito.

Dalle caratteristiche del basalto si può dedurre la provenienza del magma che ha generato la roccia. L'abbondanza di ferro, magnesio, calcio e la scarsità relativa di silicio e alluminio indicano che esso trae origine dalla fusione parziale delle peridotiti presenti nella parte superiore del mantello terrestre che avviene ad una temperatura di circa 1200-1300 °C. Fusione parziale significa che non tutti i minerali contenuti in queste rocce fondono, ma solo alcuni di essi. Il fuso si raccoglie poi in una bolla che, essendo meno densa del materiale che la circonda, tende ad aprirsi una strada verso l'alto attraverso le fessurazioni della crosta oppure provocando la fusione delle rocce con cui viene a contatto. In questa fase il magma può contaminarsi e acquisire una composizione diversa da quella originaria. Anche per questo motivo è difficile riuscire a stabilire con certezza l'origine delle rocce di tipo acido o ipersilicico. Esse derivano generalmente dalla fusione di rocce che si trovano nella parte più profonda della crosta continentale che in condizioni favorevoli e in presenza di acqua può avvenire anche a 600-700 °C. Rocce acide possono però derivare anche da un magma basaltico molto differenziato, che durante la risalita si raffredda e produce molti cristalli che, essendo più densi rispetto alla massa fluida, cadono lentamente sul fondo causando la sua differenziazione, oppure, come già accennato, da una contaminazione crostale di un magma originariamente basico. Rocce magmatiche di tipo acido sono ad esempio i porfidi atesini e i graniti di Bressanone e di Cima d'Asta.

I due tipi di tessitura riscontrabili nel basalto, afanitica e porfirica, sono invece indizi di un rapido raffreddamento che può avvenire solo quando il magma giunge nei pressi della superficie terrestre o viene eruttato da un vulcano. Per quanto riguarda la Valle di Fassa l'attività magmatica di superficie di cui stiamo parlando risale a quell'epoca geologica chiamata Triassico medio, cioè a circa 240 milioni di anni fa. A quel tempo il territorio dolomitico era completamente ricoperto dal mare. Tuttavia si erano già sviluppate quelle strutture biocostruite note come piattaforme carbonatiche che si estendevano dal fondale fino alla superficie e che emergevano in vari luoghi dando vita a un arcipelago tropicale popolato da innumerevoli organismi. L'ambiente era comunque prevalentemente marino.

Le eruzioni sottomarine producono in genere strutture globose (cuscini di lava o pillow) che spesso esplodono per il forte contrasto termico a contatto con l'acqua marina. Per questa ragione in Val di Fassa la maggior parte delle rocce basaltiche sono pillow-brecce derivate dall'accumulo di frammenti di cuscini esplosi. L'ambiente marino non sembra perciò compatibile con la struttura colonnare che osserviamo nel nostro basalto alla cascata del Rio Antermont e che per la sua formazione necessita di particolari condizioni. Innanzitutto dobbiamo avere una massa magmatica di una certa dimensione e relativamente omogenea. Più la massa è omogenea più i giunti di fessurazione saranno distribuiti in modo regolare e le colonne avranno base esagonale, oppure a quattro, cinque, sette, otto lati piuttosto che una forma irregolare. La massa deve inoltre consolidare e raffreddarsi in maniera uniforme, in modo che le tensioni dovute alla contrazione di volume agiscano con la stessa intensità in tutte le direzioni sul piano perpendicolare alle colonne stesse. Allo stesso tempo, se vogliamo che le colonne rimangano intatte lungo il loro asse e sviluppino una discreta lunghezza, il tutto deve potersi muovere almeno nel senso di allungamento delle stesse per compensare la riduzione di volume in quella direzione. In verticale questo non è difficile perchè l'ammasso roccioso può sempre abbassarsi sotto l'effetto del proprio peso e meglio ancora se compresso tra due strati di roccia.

Qual è dunque il contesto nel quale si è prodotto il basalto colonnare di Pian de Frataces? Potrebbe trattarsi di un'intrusione superficiale, forse un filone-strato inserito tra due livelli di rocce sedimentarie. I rapporti stratigrafici con le formazioni rocciose circostanti, nello specifico la formazione di Werfen rappresentata dalle arenarie rosse del Membro di Campill che affiorano a ovest della cascata fino al Col Rodella, sembrerebbero suffragare questa ipotesi. Nella successione stratigrafica infatti queste rocce si trovano più in basso rispetto alle formazioni di Contrin e di Buchenstein che sono la base naturale su cui poggiano i basalti eruttati nel Trias medio. Potrebbe anche trattarsi di una effusione lavica subaerea, supponendo che il luogo dell'eruzione si trovasse al di sopra del livello del mare, ma anche in questo caso non vi sono prove che confermino questo fatto. Non è quindi possibile arrivare ad una conclusione certa, a maggior ragione se si considera che tutta l'area da Pian de Frataces fino al Col Rodella risulta strutturalmente disturbata e particolarmente complessa dal punto di vista stratigrafico.




L'orientamento delle colonne non è lo stesso in tutti i punti dalla parete rocciosa. Si notano infatti alcune zone in cui le colonne di basalto, normalmente verticali, si trovano inclinate oppure in posizione orizzontale. Possiamo vederle inoltre disposte in senso trasversale o in direzione dell'osservatore. Questo fatto rende ancora più interessante il complesso roccioso e ci permette di avere una visione completa della struttura colonnare da tutte le angolazioni senza doverci camminare sopra.