CAPITOLO 2


Il mare in espansione del tardo Permiano


2.1 - Le evaporiti della Formazione a Bellerophon



           L'avanzata del mare sul territorio delle Dolomiti soggetto a un lento e inesorabile abbassamento (subsidenza) fu un fenomeno a carattere pulsante dato dal ripetersi di fasi di ingressione, durante le quali il livello relativo del mare si alzava e le aree costiere venivano sommerse, intervallate a fasi di regressione quando invece il livello si abbassava e il mare ritirandosi permetteva il ripristino delle condizioni precedenti. Il passaggio dalle Arenarie di Val Gardena alla Formazione a Bellerophon è un limite transizionale per alternanza, che a causa delle fluttuazioni del livello del mare alterna in rapida successione rocce di ambiente marino costiero e depositi continentali. Nel complesso però la subsidenza determinò uno spostamento netto della linea di costa che dalla zona dei Balcani avanzò verso occidente fino a portarsi in corrispondenza della valle dell'Adige tra Bolzano e Trento, dove stazionò per un certo tempo. La trasgressione marina dovette subire una battuta d'arresto poiché oltre quest'area i depositi evaporitici che caratterizzano questa fase sono totalmente assenti. Quando nel Triassico il mare riprese ad avanzare verso ovest, probabilmente le condizioni ambientali e climatiche che avevano consentito la loro formazione erano ormai cambiate tant'è che nell'area lombarda i depositi continentali (Verrucano Lombardo) sono ricoperti direttamente dalla Formazione del Servino che corrisponde alla Formazione di Werfen presente nell'area dolomitica.



La sequenza ciclica delle evaporiti permiane



           Evaporiti e rocce carbonatiche (calcari e dolomie) vengono definite rocce sedimentarie 'chimiche' e si formano per precipitazione diretta o indiretta da una soluzione soprasatura, in genere acqua marina soggetta a evaporazione. Le marne hanno una componente carbonatica e una argillosa, quando una delle due prevale sull'altra anche la denominazione cambia e si possono avere ad esempio marne calcaree o calcari marnosi. Le rocce evaporitiche hanno questo nome perché la precipitazione di sali è dovuta all'evaporazione dell'acqua marina in un ambiente molto caldo e arido, in genere caratterizzato da bassi fondali e lagune salate spesso isolate dal mare aperto e rifornite solo occasionalmente da nuovi apporti per effetto delle mareggiate o delle maree. Nel caso specifico le oscillazioni del livello marino continuarono a influenzare la sedimentazione e produssero una sequenza ciclica in cui si sussegue ripetutamente lo stesso schema, con cicli dello spessore di qualche metro costituiti da una successione di dolomie marnose grigie derivate dalla deposizione di carbonati, marne, argilliti nere e infine noduli, concrezioni e straterelli bianchi laminati di gesso e anidrite prodotti dalla precipitazione del solfato di calcio. Quando la precipitazione del solfato anziché sul fondale avveniva all'interno dei sedimenti fangosi di spiaggia, impregnati di acqua marina satura di sali, si aveva la formazione dei caratteristici gessi nodulari (cicken wire) come accade oggi nelle sabka costiere del Golfo Persico. Il colore a volte rosato del gesso è dato dalla presenza di ematite, abbondante nella formazione sottostante da cui proviene gran parte della componente terrigena.


 a

 b

 c

a) Straterelli bianchi di gesso/anidrite alternati a dolomie scure.
b) Strato laminato di gesso/anidrite.
c) Gessi nodulari o cicken wire, così chiamati perché ricordano le maglie esagonali della rete metallica utilizzata nei pollai




           Le rocce evaporitiche appartenenti alla Formazione a Bellerophon, descritte in alcuni testi come 'facies fiemmazza', offrono scarsa resistenza alle sollecitazioni e rappresentano perciò un livello di scollamento preferenziale per le deformazioni e i sovrascorrimenti (thrust) alpini. Inoltre, essendo ricche di minerali idrati, in particolari condizioni di pressione e temperatura possono fluidificare e dare luogo al fenomeno del diapirismo che consiste nel 'perforare' le coperture e risalire attraverso le formazioni rocciose di età più recente per formare delle strutture verticali spesso a forma di cupola (duomo salino). Infine la solubilità dei gessi le rende sensibili al carsismo e anche se ricoperte dalla vegetazione possono essere segnalate dalla diffusa presenza di avvallamenti e doline carsiche.




I Marmoi di Valfredda, sul versante veneto del Passo San Pellegrino.







La Roisc del Giaf in Val San Nicolò (Val di Fassa).







Al centro dell'immagine il diapiro salino della foto precedente costituisce il nucleo di una piega anticlinale.





2.2 - I calcari bituminosi della Formazione a Bellerophon



           Tutta la formazione geometricamente è un cuneo che si assottiglia verso la Val d'Adige e si inspessisce invece in direzione del Cadore e della Carnia, poiché il mare nel suo avanzare risaliva una superficie inclinata, si fa per dire perché in realtà era il fondale che si abbassava. Man mano che il mare conquistava nuovi spazi a occidente, verso oriente si approfondiva e le inospitali lagune salate lasciavano il posto a un ambiente marino più favorevole alla vita, a est prima che a ovest. Pertanto sia avanzando nel tempo, e quindi verso l'alto nella successione, sia muovendosi nello spazio verso est, in entrambi i casi si va verso condizioni di mare più profondo. In questo contesto le evaporiti vengono via via sostituite da calcari in cui prevale la componente micritica (ovvero di calcite microcristallina), di colore nero, derivati dal consolidamento di fanghi carbonatici impregnati di materia organica indecomposta. Forse la biomassa era così abbondante da richiedere per i processi di decomposizione una quantità di ossigeno che l'ambiente marino non poteva fornire, oppure la scarsità di ossigeno (anossia) era dovuta ad altri motivi che non conosciamo. Indicate talvolta come 'facies badiota' perché presenti significativamente solo nell'area centro-orientale, fino alla Val di Fassa, queste rocce stratificate, di solito in bancate di spessore decimetrico, a volte compatte e a volte sfaldabili in straterelli centimetrici, sono nere in frattura fresca e ricoperte da una patina di alterazione grigia in affioramento; iI bitume e lo zolfo di origine organica contenuti rilasciano un odore caratteristico se vengono percosse. I livelli fossiliferi sono rappresentati da biocalcareniti (packstones) a microfossili (Alghe Calcaree, Foraminiferi, Ostracodi) e macrofossili (nautiloidi, bivalvi e gasteropodi tra cui Bellerophon spp. da cui prende il nome la formazione) Nella parte più alta si trova un caratteristico livello a brachiopodi con Comelicania spp., un fossile guida del Permiano terminale. Alcuni strati sono disseminati di piccole cavità sub-sferiche che ricordano impronte esterne di gusci, le cui dimensioni variano da pochi millimetri a quelle di una noce, e che sono un importante elemento diagnostico per poter riconoscere quest'unità a prima vista.




L'aspetto dei calcari neri su frattura fresca, privi in questo caso della tipica patina di alterazione grigia.


 

Le cavità presenti nei calcari neri della Formazione a Bellerophon.




Tracce di vita marina del Permiano superiore. I piccoli fori verticali che perforano lo strato possono essere delle tane o nidi oppure dei canali di fuga verso l'alto. La parte sommitale sembra amalgamata per il rimescolamento del fango da parte degli organismi bentonici (bioturbazione)





2.3 - L'estinzione di massa del limite Permiano-Triassico e la fine dell'era Paleozoica



           Alla fine del Permiano si verificò una catastrofe planetaria associata alla scomparsa di un enorme numero di specie viventi, la più grande estinzione di massa nella storia della Terra (End Permian Mass Extinction - EPME). Questo evento segna anche la fine dell'era Paleozoica o della 'vita antica' e l'inizio dell'Era Mesozoica, ovvero della 'vita di mezzo', di cui i dinosauri sono i più famosi rappresentanti. Dal punto di vista stratigrafico il limite P-T si colloca qualche metro sopra il tetto della Formazione a Bellerophon, nei membri basali dell'unità che segue nella successione - la Formazione di Werfen - precisamente in corrispondenza della prima comparsa (FAD) del conodonte Hindeodus parvus, riconosciuto come marker ufficiale per la base del Triassico. Negli strati del Werfen si assiste ad una drastica diminuzione dei taxa a scheletro calcareo, che abbondavano invece nel Bellerophon, associata alla comparsa delle ooliti e di strutture fossili connesse alla presenza di microrganismi, cioè microbialiti e stromatoliti. Queste rocce, deposte sul fondale o ai margini di un mare basso e notevolmente esteso, registrano inoltre un incremento relativo della componente terrigena che potrebbe essere dovuto al denudamento delle terre emerse, dove l'assenza o la riduzione della copertura vegetale avrebbe causato un'abbondante produzione di sabbie, limi e fanghi provenienti dall'erosione del basamento cristallino. Questa tuttavia è solo una supposizione e la deposizione di sedimenti silicoclastici potrebbe essere dovuta ad altre cause, come una maggiore piovosità o una ripresa dell'attività tettonica oppure semplicemente risultare più evidente per la minore produzione di carbonato conseguente alla riduzione del numero degli organismi a scheletro calcareo. A questa perdita di biodiversità si deve anche la sparizione in tutto il pianeta delle piattaforme carbonatiche che ricompariranno solo nel Triassico Medio.




La sezione di Tesero con il limite Permiano Triassico. A livello della strada, coperto dallo strato erboso, si trova il contatto tra il tetto della Formazione a Bellerophon e il calcare oolitico del Membro di Tesero che sta alla base della Formazione di Werfen. Circa 7 metri più in alto c'è il livello stratigrafico dove è stato rinvenuto Hindeodus parvus. In un punto imprecisato tra questi due estremi si trova il limite P-T che corrisponde anche alla linea di separazione tra Paleozoio e Mesozoico.


           Le ragioni di questa crisi biologica globale sono un argomento ancora fortemente dibattuto, per il quale sono state proposte numerose ipotesi che riconducono spesso a un cambiamento climatico dagli effetti devastanti e letali per la maggior parte degli organismi marini e in misura minore per quelli terrestri, innescato da un fenomeno naturale inconsueto. Le ipotesi avanzate per giustificare la 'grande morìa' sono basate su alcuni studi pubblicati su riviste qualificate, ma su di esse la comunità scientifica non si trova in accordo. Tenuto conto che i diversi fattori possono aver agito singolarmente oppure in associazione tra loro, i casi più probabili sono:
- l'impatto di una cometa o di un meteorite;
- un'intensa attività vulcanica con rilascio di enormi quantità di CO2 e CH4;
- il rilascio improvviso degli idrati di metano dai fondali marini;
- anossia oceanica profonda e localmente nelle aree costiere;
- l'acidificazione dell'atmosfera e delle acque oceaniche causate da elevate concentrazioni di CO2 e/o H2S prodotto dai solfobatteri in condizioni di anossia;
- il soffocamento e l'avvelenamento degli organismi aerobici marini per le elevate concentrazioni di CO2 e/o H2S;
- rapide fluttuazioni del livello marino e conseguente distruzione degli habitat.







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Capitolo 3

I bassi fondali e le spiagge del Triassico iniziale

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